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518 storia della decadenza

dall’ultimo vestigio d’Idolatria, quietò con una formale apologia il mormorare del Senato e del Popolo1.

[A. 468] L’Imperator Leone, in tutte le sue dichiarazioni pubbliche, assume l’autorità, e professa l’affezione d’un padre verso il suo figlio Antemio, con cui aveva diviso l’amministrazione dell’Universo2. La situazione e forse il carattere di Leone lo dissuasero dall’esporre la sua persona a travagli e pericoli della guerra Affricana. Ma si spiegarono con vigore le forze dell’Impero Orientale per liberare l’Italia ed il Mediterraneo da’ Vandali; e Genserico, il quale aveva sì lungamente oppresso la terra ed il mare, si vide minacciato da ogni parte da una formidabile invasione. Si aprì la campagna con un’ardita e fortunata impresa dal Prefetto Eraclio3. Furono imbarcate sotto il suo comando le truppe dell’Egitto, della Tebaide, e della Libia;

  1. Il Baronio pubblicò questa lettera di Gelasio Papa, tratta da’ Manoscritti della libreria Vaticana (an. 496, n.28, 45), ed ha per titolo Adversus Andromachum Senatorem, ceterosque Romanos, qui Lupercalia secundum morem pristinum colenda constituebant. Gelasio sempre suppone, che i suoi avversari sieno cristiani solo di nome, e per non ceder loro in assurdi pregiudizi, attribuisce a quell’innocente festa tutte le calamità di quel tempo.
  2. Itaque nos, quibus totius mundi regimen commisit superna provisio,.... Pius et triumphator semper augustus filius noster Anthemius, licet divina majestas, et nostra creatio pietati ejus plenam Imperii commiserit potestatem etc.... Tal è il superiore stile di Leone, che Antemio rispettosamente appella Dominus et Pater meus Princeps sacratissimus Leon. (Vedi novell. Anthem. Tit. II. III. p. 38. ad calcem Cod. Theod).
  3. La spedizione d’Eraclio è piena di difficoltà (Tillem. Hist. des Emper. Tom. VI. p. 640), e si richiede qualche