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Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/134

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128 storia della decadenza

povero che comprava la sua vita col sacrifizio di tutto ciò, che può render la vita stessa desiderabile, fu appoco appoco imitato dal debole, e dal devoto che, in tempi di pubbliche turbolenze, vilmente correva in folla a ripararsi sotto il baloardo d’un potente Capo, ed intorno alle reliquie d’un santo popolare. Si accettava la lor sommissione da questi temporali o spirituali padroni; ed il precipitoso atto irreparabilmente fissava la lor condizione, e quella dell’ultima loro posterità. Dal regno di Clodoveo, per cinque secoli successivi, le leggi, ed i costumi de’ Galli furono uniformemente diretti a promuovere l’accrescimento, ed a confermar la durata della personal servitù. Il tempo, e la violenza quasi cancellarono i gradi intermedi della società; e lasciarono un oscuro, ed angusto intervallo fra il nobile e lo schiavo. Quest’arbitraria e recente divisione si è trasformata dall’orgoglio e dal pregiudizio in una distinzion nazionale, universalmente stabilita dalle armi e dalle leggi de’ Merovingi. I Nobili, che vantavano la genuina o favolosa lor discendenza dagl’indipendenti, e vittoriosi Franchi, hanno sostenuto l’inalienabil diritto di conquista, e ne hanno abusato sopra un’avvilita folla di schiavi e plebei, a’ quali attribuivano l’immaginaria disgrazia d’una estrazione Gallica o Romana. Lo stato generale e le rivoluzioni della Francia, nome imposto a quel regno da’ conquistatori, può illustrarsi coll’esempio particolare d’una Provincia, di una diocesi e d’una Famiglia Senatoria. L’Alvergna

    di Tours (L. VII c. 45 in Tom. II pag. 311) parla di molte persone, che in una gran carestia si venderono per mangiare.