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234 storia della decadenza

dorico scelse la residenza di Ravenna, dove coltivava con le sue proprie mani un giardino1. Ogni volta ch’era minacciata la pace del suo regno (giacchè questo non fu mai invaso) da’ Barbari, ei trasferiva la sua Corte a Verona2 sulla frontiera settentrionale, e la figura del suo Palazzo, che tuttavia esiste in una medaglia, rappresenta la più antica ed autentica forma d’architettura gotica. Queste due Capitali ugualmente che Pavia, Spoleto, Napoli e le altre città d’Italia, sotto il suo Regno acquistarono le utili e splendide decorazioni di chiese, di acquedotti, di bagni, di portici e di palazzi3. Ma la felicità del suddito con maggior verità si manifestava nell’attivo spettacolo del lavoro e del lusso, nel rapido aumento e nel godimento libero della ricchezza nazionale. Dalle ombre di Tivoli e di Preneste, i Senatori Romani tuttavia nell’inverno si ritiravano al temperato calore ed alle salubri fonti di Baia, e le loro ville, che s’avanzavano sopra solide moli nel Golfo di Napoli, godevano le varie vedute del cielo, della terra e dell’acqua. Dalla parte orientale dell’Adriatico, erasi formata una nuova

  1. Vedi un Epigramma d’Ennodio (II 3 p. 1893, 1894) sopra questo giardino ed il real giardiniere.
  2. Si prova la sua affezione per quella città dall’epiteto di Verona tua, e dalla leggenda dell’Eroe. Sotto il nome barbaro di Dietrich di Berna (Peringsciold, ad Cochloeum p. 840) il Maffei lo segue con intelligenza e piacere nel suo paese nativo (l. IX p. 230, 236).
  3. Vedi Maffei (Verona illustr. P. I p. 231, 232, 308 ec.). Egli attribuisce l’architettura gotica, come la corruzione della lingua, della scrittura ec. non a’ Barbari, ma agli Italiani medesimi: si confrontino i suoi sentimenti con quelli del Tiraboschi (Tom. III p. 61).