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stesso peso di fedeltà e di gratitudine, doveva essere insopportabile allo spirito libero d’un Cittadino romano. Ma il favore e la fedeltà di Boezio diminuirono appunto in proporzione della pubblica felicità; e fu aggiunto un indegno collega a dividere, e contrabbilanciare il potere del Maestro degli Ufizi. Negli ultimi oscuri tempi di Teodorico ei sentì con isdegno, ch’era uno schiavo; ma siccome il padrone di lui non aveva potere che sopra la sua vita, resistè senz’armi e senza timore in faccia ad un irato Barbaro, ch’era stato indotto a credere, che la salvezza del Senato fosse incompatibile con la propria. Il Senatore Albino era stato accusato, e già convinto sulla presunzione di sperare, come si diceva, la libertà di Roma. „Se Albino è reo, esclamò l’Oratore, il Senato, ed io stesso siamo tutti colpevoli del medesimo delitto. Se noi siamo innocenti, anche Albino ha diritto alla protezion delle Leggi„. Queste Leggi potevano in vero non punire il nudo e semplice desiderio di un bene, che non potea conseguirsi; ma dovevano esser meno indulgenti per la temeraria confession di Boezio, che s’egli avesse avuto notizia di una cospirazione, non avrebbe mai avuta questa notizia il Tiranno1. L’Avvocato d’Albino fu tosto involto nel pericolo e forse nel delitto del suo cliente; fu posta la loro sottoscrizione (ch’essi negarono come una falsità) all’original documento, che invitava l’Imperatore a liberar l’Italia da’ Goti, e tre testi-

  1. Si ego scissem, tu nescisses. Boezio (L. 1 Pros. 5 pag. 53) adotta questa risposta di Giulio Cano, di cui la morte filosofica è descritta da Seneca (De tranquillit. animi, c. 14).