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senza di sua madre. Siccome però ei non fu mai più veduto, neppure dopo la morte di Teodora, le viene meritamente imputato d’aver estinto con la vita di lui un segreto così offensivo per l’imperial sua virtù.

Nel più abbietto stato di fortuna e di riputazione, in cui si trovava Teodora, una certa visione, mentre essa o dormiva o farneticava, le aveva annunziata la piacevole sicurezza di esser destinata a divenire sposa di un potente Monarca. Consapevole della sua vicina grandezza, dalla Paflagonia tornò a Costantinopoli: assunse, da brava attrice, un carattere più decente; supplì alla sua povertà mediante la lodevole industria di filar la lana; ed affettò una vita casta e solitaria in una piccola casa, ch’essa convertì in magnifico Tempio1. La sua bellezza, assistita dall’arte o dal caso, tosto attrasse, vinse e fissò il Patrizio Giustiniano, che già regnava con assoluto dominio sotto il nome del suo Zio. Essa procurò forse d’innalzare il valore d’un dono, che aveva tante volte prodigalizzato a’ più vili dell’uman genere; forse infiammò a principio con modeste dilazioni, e finalmente con sensuali attrattive, i desiderj d’un amante, che per natura o per devozione s’era assuefatto a lunghe vigilie, e ad una parca dieta. Passati i suoi primi trasporti, essa conservò l’istesso ascendente sopra il suo spirito, mediante il merito più solido del giudizio e dell’intelligenza. Giustiniano si compiacque di

  1. Anonym. De Antiquit. CP. L. III, 132 ap. Banduri Imper. Orient. Tom. I p. 48. Il Ludveigio (p. 754) arguisce con ragione, che Teodora non avrebbe voluto rendere immortale un bordello: ma io applico questo fatto alla seconda sua più casta dimora in Costantinopoli.