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316 storia della decadenza

prosperità dell’Impero, e realmente dimostravano l’abilità de’ loro Architetti. Tanto la teoria quanto la pratica delle Arti, che dipendono dalla Matematica, e dalla forza meccanica, si coltivarono sotto la protezione degl’Imperatori; Proculo ed Antemio emularono la fama d’Archimede; e se quegli spettatori, che hanno riferito i loro miracoli, fossero stati intelligenti, potrebbero adesso servire ad estendere le speculazioni, invece d’eccitare la diffidenza de’ Filosofi. Si è conservata una tradizione, che nel porto di Siracusa la flotta Romana fosse ridotta in cenere dagli specchi ustorj d’Archimede1; e si asserisce, che Proculo usò un somigliante espediente per distrugger le navi Gotiche nel Porto di Costantinopoli, e per difendere il suo benefattore Anastasio contro l’ardita intrapresa di Vitaliano2. Fu fissata sulle mura della Città una macchina, composta d’uno specchio esagono di rame ben pulito, con molti poligoni più piccoli e mobili per ricevere e riflettere i raggi del sole sul Mezzogiorno; e fu lanciata una fiamma consumatrice alla distanza forse di dugento piedi3. Si rende incerta

  1. Quest’incendio s’accenna da Luciano (in Hippia c. 2) e da Galeno (L. III de Temperamentis Tom. I p. 81 Edit. Basil.) nel secondo secolo. Mille anni dopo viene positivamente affermato da Zonara (L. IX p. 424) sull’autorità di Dione Cassio, da Tzetze (Chiliad. II, 119 ec. ), da Eustazio (ad Iliad. Ep. 338) e dallo Scoliaste di Luciano. Vedi Fabricio (Bibl. Graec. L. III c. 22 Tom. II p. 551, 552) a cui son più o meno debitore di queste citazioni.
  2. Zonara (L. XIV p. 55) afferma il fatto senz’addurne alcuna prova.
  3. Tzetze descrive l’artifizio di questi specchi ustorj, che egli aveva letto, probabilmente con occhi non istruiti, in un