Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VIII.djvu/10

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6 storia della decadenza

ed i suoi trecento compagni sacrificarono la vita alle Termopili; ma l’educazione del fanciullo, dell’adolescente e dell’uomo avea preparato, e quasi assicurato questo memorabil sacrifizio; ed ogni Spartano dovette approvare, piuttosto che ammirare un atto di dovere, di cui egli stesso, ed ottomila de’ suoi concittadini sarebbero stati egualmente capaci1. Il Gran Pompeo potè inscrivere sopra i suoi trofei, che vinto egli avea in battaglia due milioni di nemici, e sottomesso mille cinquecento città dalla Palude Meotide sino al Mar Rosso2. Ma la fortuna di Roma volava dinanzi alle sue aquile; le nazioni erano domate dal loro proprio terrore, e le invincibili legioni che egli comandava erano state formate dalla consuetudine della conquista e dalla disciplina dei secoli. Riguardato da questo canto il carattere di Belisario può meritamente esser posto al di sopra degli Eroi delle antiche Repubbliche. Nascevano le sue imperfezioni dal contagio dei tempi; proprie di lui e libero dono della natura e della riflessione erano le sue virtù. Egli s’inalzò senza maestro o rivale; e così disuguali erano le armi commesse alla sua destra, che l’orgoglio e la pre-

  1. Sarà un piacere non una pena pel lettore lo scorrere Erodoto (l. VII c. 104, 134 p. 550, 615). Il colloquio fra Serse e Demarato alle Termopili è una delle più interessanti e morali scene dell’istoria. L’aspetto delle virtù della sua patria formava il tormento del regale Spartano, che con angoscia e rimorso le rimirava.
  2. Veggasi quest’orgogliosa iscrizione in Plinio (Hist. nat. VII. 27). Pochi uomini hanno meglio assaporato le dolcezze della gloria e le amarezze della sventura, nè poteva Giovenale (Sat. X) offrire un più vivo esempio delle vicende della fortuna e della vanità degli umani desiderii.