Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VIII.djvu/75

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dell'impero romano cap. xlii. 71

di Cosroe insensibilmente cessò dal continuare la guerra colchica, giustamente persuaso esser impossibil cosa il soggiogare o per meno il tenere nell’obbedienza una lontana contrada, in opposizione ai desiderj ed agli sforzi degli abitatori di essa. La fedeltà di Gubaze sostenne il più rigoroso cimento. Con pazienza egli sopportò i travagli di una vita selvaggia, e con disdegno rigettò gli speciosi allettativi della Corte persiana. Il Re dei Lazi era stato educato nella religione cristiana; la sua madre era figlia di un Senatore; durante la sua giovinezza egli avea servito per dieci anni in qualità di silenziario nella Reggia di Bisanzio1, e gli arretrati di un non pagato stipendio erano per lui un motivo di fedeltà nel tempo stesso e di lagnanza. Ma il lungo durar de’ suoi mali gli trasse finalmente di bocca un ignuda esposizione del vero; ed il vero era un’accusa da non perdonarsi contro i Luogotenenti di Giustiniano, i quali, in mezzo agli indugi di una rovinosa guerra avevano risparmiato i nemici, e calpestato gli alleati del loro Sovrano. Le maligne riferte loro posero nell’animo all’Imperatore che il suo vassallo meditasse di mancargli una seconda volta di fede: si sorprese un ordine di mandarlo prigioniero a Costantinopoli, e s’inserì una proditoria clausola ch’egli potesse legittimamente essere ucciso in caso di resistenza; laonde Gubaze, senz’armi e senza sospetti di pericolo, fu trucidato nella sicurezza di un abboccamento amichevole. Nei primi momenti dello sdegno e della

  1. Nel palazzo di Costantinopoli v’erano trenta silenziarj, che si chiamavano hastati ante fores cubiculi, της σιγης επισαται, onorevol titolo, che conferiva il grado di Senatore, senza imporne i doveri (Cod. Teodos. l. 6 tit. 23. Coment. del Gotofred. t. 2 p. 129).