Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/233

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dell'impero romano cap. li. 227

per lui, era indulgente e dolce pe’ suoi fratelli. Dopo aver pagato al suo luogotenente un giusto tributo d’elogi e di azioni di grazia, concedette una lagrima alla compassione, e sedutosi in terra scrisse una lettera ad Obeidah, rinfacciandogli amorevolmente la troppa severità. „Iddio, dissegli il successor del Profeta, non ha interdetto l’uso delle buone cose di questo Mondo ai fedeli, ed a coloro che han fatte opere buone; però avreste dovuto concedere più riposo alle vostre soldatesche, e lasciare che godessero i sollievi che offre il paese in cui siete. I Saraceni, che non han famiglia in Arabia, possono maritarsi in Sorìa, e ognun d’essi è padrone di comperarsi le schiave di cui abbisogna„. Eran già disposti i vincitori a usare ed abusare di queste permissioni aggradevoli: ma l’anno del loro trionfo fu guasto da una mortalità d’uomini o di animali, per cui perirono in Sorìa venticinquemila Saraceni. Ebbero i Cristiani a piangere Obeidah: ma i suoi fratelli rammentarono esser lui uno dei dieci eletti che il Profeta avea nominati eredi del suo paradiso1. Caled visse ancora tre anni, e si mostra nei contorni di Emesa la tomba della Spada di Dio. Il suo valore, da cui i Califfi riconoscono il loro impero nella Sorìa e nell’Arabia, si rafforzava coll’opinione che aveva, che la Providenza avesse una cura particolare di lui; e sinchè portò una cappa benedetta da Maometto si credette invulnerabile in mezzo ai dardi degli infedeli.

  1. Abulfeda, Annal. Moslem. p. 73. Poteva Maometto aver la scaltrezza di variare gli elogi pe’ suoi discepoli. Era solito dire d’Omar, che se potesse esservi dopo lui un Profeta Omar lo sarebbe, e che sarebbe risparmiato dalla giustizia divina in una disgrazia generale (Ockl. vol. I, p. 221).