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294 storia della decadenza

verrà far elogio alla moderazione ed alla disciplina degli Arabi.

[A. D. 714] Era Musa assai attempato, quantunque, per nascondere la sua vecchiezza, coprisse sotto una polve rossa la canizie della barba; ma il suo cuore riscaldato dall’amore di gloria sentiva tuttavia il fervore della gioventù. Non vedendo nel possesso della Spagna che il primo passo alla conquista d’Europa, dopo avere in terra ed in mare apparecchiato un poderoso armamento, si metteva in punto per varcare di nuovo i Pirenei, per battere nella Gallia e nell’Italia i regni de’ Franchi e de’ Lombardi, allora pendenti verso l’ultima rovina, e per predicare l’unità di Dio sull’altare del Vaticano. Di là, soggiogando i Barbari della Germania, voleva seguire il corso del Danubio, dalla sua sorgente sino al Ponto-Eusino, rovesciare l’impero di Costantinopoli, e, ripassando d’Europa in Asia, riunire le contrade, che avrebbe vinte, al governo di Antiochia ed alle province della Sorìa1; ma questo vasto disegno, che non era poi forse tanto difficile ad eseguirsi, doveva agli occhi delle anime volgari sembrare stravagante, e quasi una visione da conquistatore. Non andò guari che Musa fu obbligato a risovvenirsi della propria dependenza e servitù. Gli amici di Tarik avevano esposto con buon successo i suoi servigi e l’ingiuria che aveva sofferta: la Corte

  1. Può paragonarsi questo gran disegno, attestato da vari scrittori Arabi (Cardonne, t. I, p. 95, 96), a quello di Mitridate, di marciare dalla Crimea a Roma, o all’altro di Cesare di conquistare l’oriente, e di tornare dal settentrione in Italia; ma l’impresa eseguita da Annibale supera per avventura quei tre vasti divisamenti.