Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/477

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dell'impero romano cap. liii. 471


Andavano superbi i Franchi del genio loro per la libertà e per la guerra; e i Greci parlano di questa propensione con una specie di maraviglia e di spavento.

„I Franchi, dice l’imperator Costantino, sono ardimentosi e bravi quasi sino alla temerità, e il loro intrepido valore è sostenuto dal disprezzo che hanno dei pericoli e della morte. In un campo di battaglia, e nella mischia attaccano di fronte e piombano sul nemico senza calcolare il proprio numero. Le lor file sono strette dai saldi legami della parentela e dell’amicizia, e la brama di salvare o di vendicare i cari compagni è il fomite della loro prodezza. Reputano la ritirata come una fuga obbrobriosa, e la fuga poi è per essi un’infamia che non può lavarsi giammai1„. Una nazione sì valorosa e imperterrita sarebbe stata sicura della vittoria, se grandi difetti non avessero bilanciato questi pregi. Lasciando deperire la marineria, rinunciarono ai Greci ed ai Saracini l’impero del mare, per portare soccorso ai loro alleati, o guasto ai nemici. Nel secolo che precedette l’istituzion della cavalleria, erano inabili i Francesi nelle fazioni di cavalieri2; e nei momenti di pericolo co-

  1. L’imperator Leone ha esposto imparzialmente, nel decimo ottavo capitolo della sua Tattica, i vizi e le qualità militari dei Franchi, (che Meursio traduce in modo ridicolo col vocabolo Galli), e dei Lombardi o Longobardi. V. pure la ventesimasesta dissertazione del Muratori, De antiquitatibus Italiae medii aevi.
  2. Domini tui milites (diceva l’orgoglioso Niceforo) equitandi ignari, pedestris pugnae sunt inscii: scutorum magnitudo, ensium longitudo, galearumque pondus neutra parte pugnare eos sinit; ac subridens, impedit, inquit, et eos gastrimargia, hoc est ventris ingluvies, etc. (Luitprando, in Legat. p. 480, 481).