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482 storia della decadenza

avvisi dati in pagina, e apprendevano ad ammirare, o forse ad imitare, qualche virtù d’un secolo più luminoso. Io non mi fermerò sulle opere dei Greci di Costantinopoli, i quali, con uno studio assiduo degli antichi, meritarono per molti titoli la ricordanza e la gratitudine della posterità. Noi possediamo tuttavia il Manuale filosofico di Stobeo, il Lessico grammaticale e storico di Suida, le Chiliadi di Tzetze che in dodicimila versi comprendono seicento narrazioni, e i Commentari sopra Omero di Eustazio, arcivescovo di Tessalonica, che, dal suo corno d’abbondanza, ci versa i nomi e le autorità di quattrocento scrittori. Da questi autori originali, e dalla numerosa legione degli Scoliasti1 e dei critici, si può conoscere quali fossero le ricchezze letterarie del duodecimo secolo. Era tuttavia Costantinopoli rischiarata dalla luce di Omero e di Demostene, di Aristotile e di Platone; e circondati da simili tesori, che noi godiamo o trascuriamo, dobbiam pure invidiare quella generazione che potea leggere l’istoria di Teopompo, le arringhe d’Iperide, le commedia di Menandro2, e le odi di Alceo e di Saffo. Il

  1. V. gli articoli particolari di quei Greci moderni nella biblioteca greca di Fabricio, Opera dotta ma suscettiva di miglior metodo e di molti miglioramenti. Fabricio parla d’Eustazio (t. I, p. 289-292, 306-329), di Pselli (Diatribe de Leon Allatius, ad calcem, t. 5), di Costantino Porfirogeneta (t. VI, p. 486-509), di Giovanni Stobeo (t. VIII, p. 665-728), di Suida (t. IX, p. 620-827), di Giovanni Tzetze (t. XII, p. 245-273). Il Signor Harris, nei suoi Philological Arrangements (Opus senile), ha dato un abbozzo di questa letteratura dei Greci di Bisanzio (p. 287-300).
  2. Gerardo Vossio (De poetis graecis, c. 6) ed il le Clerc