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116 storia della decadenza


L’instabilità delle umane cose in trista guisa apparisce dall’instituire un confronto tra lo Stato della Puglia e della Calabria nel decimo secolo dell’Era cristiana, e tra quel che erano state queste province ai tempi di Pitagora. Nella più remota di queste due epoche, la costa della Magna Grecia (così nomavasi allora l’Italia) abbondava di città libere, opulenti, e piene di soldati, di artisti e filosofi, intanto che le forze militari di Taranto, di Sibari, di Crotone, in nulla cedeano a quelle di un poderosissimo regno. Nel secolo di cui scriviamo la storia, le stesse province erano in preda all’ignoranza, tribolate dalla tirannide, spopolate dalla guerra co’ Barbari; nè forse abbiam luogo di apporre troppo severamente la taccia di avere esagerato ad un autore di quei tempi che ne le dipinse „vaste e fertili regioni, devastate, come la Terra dopo il diluvio universale lo fu„1. A conoscere quali devastazioni gli Arabi, i Franchi, e i Greci nell’Italia meridionale operassero, sceglierò due o tre fatti opportuni parimente a dimostrare i costumi degl’invasori.

[A. D. 875] I. Non contenti i Saracini di spogliare i monasteri e le chiese, voleano ancora profanarle commettendo sacrilegi. Durante l’assedio di Salerno un Capo Musulmano avea posto nel luogo della Mensa eucaristica il proprio letto, ove ogni notte la verginità di

  1. Calabriam adeunt, eamque inter se divisam reperientes, funditus depopulati sunt (o depopularunt) ita ut deserta sit velut in diluvio. Tale è il testo di Eremperto o Erchemperto, giusta le due Edizioni del Caraccioli (Rerum ital. script. t. V, p. 23) e di Camillo Pellegrino (t. II, part. I, p. 246) opere rarissime al tempo che il Muratori le ha pubblicate di nuovo.