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294 storia della decadenza

pensarono a provvedersi di que’ preziosi metalli che, per consenso d’ogni paese, sono il simbolo degli agi di nostra vita. Laonde per aver di che sostenere, giusta il loro grado, le spese del viaggio, i Principi diedero in pegno i proprj allodj, ed anche le loro province, i Nobili vendettero terre e castella, i contadini il bestiame e gli strumenti d’agricoltura. Il numero e la fretta de’ venditori, inviliva il prezzo delle proprietà, intanto che i bisogni e l’ampiezza dei compratori faceano salire ad esorbitante valore l’armi e i cavalli. In questo mezzo, quelli che rimasero alle case loro, e possedeano qualche danaro e l’accorgimento necessario a farlo fruttare, nell’epidemia generale arricchirono1. I Sovrani acquistarono a buon patto i dominj de’ lor vassalli, e i compratori ecclesiastici, mettendo a conto di pagamento la promessa di lor preghiere, minor danaro sborsavano2. Alcuni zelanti Crociati, valendosi di un ferro caldo, o di un liquor corrosivo che ne rendesse l’impronta indelebile, stampavano sul proprio corpo la Croce che gli altri di portar sull’abito si contentavano; e fuvvi uno scaltro frate, il quale, dando a credere che un miracolo divino gli avesse impresso il santo marchio sul petto, la venerazione dei popoli e i più ricchi

  1. Giberto (p. 481) offre una pittura vivacissima di questa frenesia generale. Egli era nel picciol numero di que’ suoi contemporanei, capaci di esaminare e apprezzare con freddezza di mente la scena straordinaria che innanzi agli occhi accadeagli: Erat itaque videre miraculum caro omnes emere, atque vili vendere, ec.
  2. Per quanto grande fosse il fanatismo, e la cecità degli uomini in quel tempo, bisognava che l’Autore non solamente citasse cotesta specie di pagamento, ma lo provasse con qualche esempio particolare. (Nota di N. N.)