Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XI.djvu/359

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dell'impero romano cap. lviii 353

Giudizio di Dio la verità delle cose che avea rivelate e la propria vita. Innalzatasi in mezzo al campo una catasta di fascine secche, alta quattro piedi e lunga quattordici, e mentre l’impeto delle fiamme a quattordici cubiti le sollevava, il prete marsigliese venne obbligato ad attraversare un sentiero non più largo d’un piede che in mezzo alla fornace lasciato erasi aperto. A malgrado di sua destrezza ed agilità, lo sciagurato ne riportò il ventre e le coscie arrostite, onde in termine di ventiquattro ore spirò, sempre protestandosi e veritiero, e innocente, le quali proteste saranno forse di qualche peso appo le menti, a credere molto inclinate. Indarno i Provenzali si adoperarono a sostituire una croce, o un anello, o un tabernacolo alla Santa Lancia, la cui sola ricordanza fatta erasi argomento a dileggio1. Pur chi il crederebbe? Gli storici de’ secoli successivi hanno con gravità attestata la rivelazione di Antiochia, e tali progressi può fare la credulità, che miracoli de’ quali fu dubitato ne’ tempi, e nelle contrade ove nacquero, dalle età più lontane, e in luoghi da queste contrade remoti, con implicita fede vengono accolti.

La prudenza o la buona sorte de’ Franchi fatto avea che differissero la loro spedizione sino al mo-

  1. I due antagonisti che si mostrano meglio istrutti, e più fortemente convinti, l’un del miracolo l’altro della frode, sono Raimondo d’Agiles e Randolfo di Caen, il primo appartenente al seguito del Conte di Tolosa, il secondo al Principe normanno. Foulcher di Chartres osa dire: Audite fraudem et non fraudem! indi invenit lanceam, fallaciter occultatam forsitan: il rimanente della turba sostenea con fermezza e forza la veracità del miracolo.