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dell'impero romano cap. lxiii. | 243 |
è diversa la mia condizione da quella del figlio di Filippo! Alessandro si dolea che suo padre non gli lascerebbe nulla da conquistare; quanto a me, il mio avo non mi lascerà nulla da perdere„. Ma i Greci ben tosto s’avvidero non essere la guerra civile un buon rimedio ai mali che li premevano, nè trovarsi nel giovane da lor prediletto le qualità necessarie a divenire il salvatore di un Impero che declinava. Alla prima sconfitta che questi soffersero, la fazione de’ suoi incominciò a sciogliersi per la spensieratezza del condottiero, per le discordie che insorsero fra i partigiani, e per le pratiche della vecchia Corte che seppe indurre i mal contenti a far diffalte o a tradire la causa de’ ribelli. Andronico il Giovane lasciatosi vincere dai rimorsi, già stanco degli affari, ingannato fors’anche dalle negoziazioni, o più avido di piaceri che di possanza, calò a patti sì fattamente che l’ottenuta facoltà di mantenere mille cani da caccia, mille falchi, e mille cacciatori, bastò a disarmare la sua ambizione, come a coprir d’obbrobrio il suo nome.
Consideriamo ora la catastrofe di questo intreccio sì avviluppato, e lo stato definitivo de’ principali personaggi1. Andronico l’avo trascorse tutta la vecchiezza in mezzo alle civili discordie; i variati eventi della guerra, o de’ Trattati lo diminuirono a mano a mano e di potere e di fama, sino alla fatal notte in cui il giovine Andronico s’impadronì, senza tro-
- ↑ Mi sono attenuto alla Cronologia di Niceforo perchè esattissima. È cosa provata che Cantacuzeno ha commessi sbagli nelle date, fin delle cose operate da lui, ovvero che il suo testo è stato alterato dall’ignoranza de’ copisti.