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358 storia della decadenza

verghe d’oro e d’argento1. Giunto allo rive del Don o Tanai, ricevè colà l’umile deputazione dei Consoli e dei mercatanti d’Egitto2, di Venezia, di Genova, di Catalogna e di Biscaglia, che trafficavano con Tana, o Azoph, città situata alla foce del fiume; i quali gli offersero donativi, ne ammirarono la magnificenza, e nella parola di lui si affidarono. Ma un formidabile esercito venne dopo la pacifica visita di un Emiro, che aveva esaminato accuratamente la situazione e la ricchezza de’ magazzini; indi i Tartari ridussero in cenere la città. Quanto ai Musulmani, si contentarono, dopo averli spogliati, di rimandarli; ma tutti que’ Cristiani che nelle loro navi non si erano rifuggiti, vennero condannati a morte o schiavitù3. Un impeto di vendetta trasse

    pea, vi fossero state portate per la strada di Novogorod, e forse da alcuni mercanti delle città anseatiche.

  1. Il signor Levesque (Hist. de Russie, l. II, pag. 247; Vie de Timur, p. 64-67, pubblicata prima della traduzione francese delle Instituzioni) ha corretti gli errori di Serefeddino e contrassegnati i veri limiti delle conquiste di Timur, o Tamerlano. Sono superflui i suoi argomenti; e gli Annali di Russia bastano per provare che Mosca stata presa sei anni prima di quest’epoca da Toctamis, si sottrasse all’armi d’un più formidabile conquistatore.
  2. Il viaggio di Barbaro a Tana seguito nel 1436, dopo che la città era stata rifabbricata, cita un Console egiziano del Gran Cairo (Ramusio, t. II, folio 92).
  3. Trovasi la relazione del saccheggio di Azoph in Serefeddino (l. III, c. 55), e più minutamente ancor lo descrive l’autore di una Cronaca italiana (Andrea de Redusiis de Quero, in Chron. Tarvisiano, in Muratori, Script. rer. italic., t. XIV, pag. 802-805). Egli avea conversato co’ Miani, due fratelli veneziani, uno de’ quali era stato delegato al campo di