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228 storia della decadenza

seduta sopra due lioni, tenea in una mano una palma, nell’altra un globo; sul secondo stendardo, bandiera della Giustizia, vedeasi S. Paolo colla spada sguainata; sul terzo, S. Pietro colle chiavi della Concordia e della Pace. Incoraggiavano il Rienzi gli applausi d’una innumerabile folla che intendea poco il significato di tutto questo apparecchio, ma datasi cionnullameno a grandi speranze: la processione si condusse lentamente dal Castel Sant’Angelo al Campidoglio. Nondimeno alcuni interni moti che il Rienzi si sforzava nascondere, non permetteano all’animo suo di darsi con piena tranquillità al sentimento del suo trionfo. Asceso, senza incontrare ostacoli e con apparente fiducia, sulla rocca della Repubblica, dall’alto del balcone arringò il popolo, che ne confermò gli atti e le leggi nel modo per lui il più lusinghiero. I Nobili, come se stati fossero sforniti di armi, e inabili a prendere verun partito, rimasero spettatori costernati e silenziosi di questa stravagante sommossa, per la quale era stato ad arte scelto il momento, in cui Stefano Colonna, il più formidabile di tutti i Nobili, dimorava fuori di Roma. Al primo sentore delle accadute cose, vi ritornò, e standosi nel suo palagio, ostentò di sprezzare questo movimento popolare, facendo noto al Deputato del Rienzi, che a proprio bell’agio avrebbe fatto gettar giù dalle finestre del Campidoglio il pazzo, dal quale quell’ambasceria gli veniva. Immantinente sonò a stormo la grande campana; e fu tanto rapida la sollevazione, e tanto incalzante il pericolo, che Stefano Colonna raggiunse a precipizio il sobborgo S. Lorenzo, d’onde, dopo avere preso fiato un istante, si allontanò, sempre colla medesima sollecitudine, fintantochè si ve-