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rano, e di S. Maria Maggiore, presentò di una seconda festa la popolazione romana. Non erano certamente queste le lotte, in cui i Romani avessero dovuto mostrarsi prodighi del loro sangue; nondimeno non possiamo, anche biasimandone la follia, risparmiar qualche lode alla loro prodezza; e quei chiari Cavalieri, che si segnalarono per magnificenza e coraggio nel cimentare le proprie vite alla presenza delle loro amate, inspirano una sollecitudine d’un genere ben più nobile che non le migliaia di prigionieri e malfattori che l’antica Roma, a malgrado di essi, traeva alla macelleria dell’Anfiteatro1.

Il Colosseo fu rare volte adoperato a tale uso, e forse alla sola festa che abbiamo ora descritta. I cittadini che ogni dì abbisognavano di materiali, correano, senza timor nè rimorso, a demolire questo nobilissimo monumento. Uno scandaloso accordo del secolo decimoquarto assicurò alle due fazioni il diritto di trar marmi dalla comune cava del Colosseo2; onde il Poggi deplora la perdita della maggior parte di questi marmi ridotti in calce dagl’insensati Romani3. Per reprimere cotale abuso, e impedire i delitti, che in questo vasto e funereo recinto poteano

  1. Il Muratori ha pubblicata una Dissertazione a parte, la ventinovesima, intorno ai giuochi degl’Italiani del Medio Evo.
  2. Il Barthelemi in uno scritto breve, ma istruttivo (Mém. de l’Acad. des Inscript., t. XXVIII, p. 585), ha parlato di questo accordo delle fazioni, de Tiburtino faciendo, nel Colosseo, fondandosi sopra un atto originale che trovasi negli Archivj di Roma.
  3. Coliseum .... ob stultitiam Romanorum majori ex parte ad calcem deletum (Poggi, p. 17).