Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/40

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34 storia della decadenza

simo potesse dirsi. Il Cavalier Bianco mostrò nell’armi più valor di braccio che di mente, e combattè qual Capo di una banda di Barbari indisciplinati, che assalgono senza timore, nè poi si vergognano di fuggire. La vita militare di Uniade offre una romanzesca vicenda di vittorie e disastri. I Turchi che del nome di lui si valeano per far paura agl’indocili fanciulli, lo chiamavano corrottamente jancus laïn, o il maladetto; odio che dava a divedere quanto lo apprezzassero. Non riuscì mai loro di penetrare nel Regno finchè Uniade lo difese; e allorquando speravano vedere inevitabilmente perduti e lui e la sua patria, Uniade apparve formidabile più di prima. Anzichè limitarsi ad una guerra di difesa, quattro anni dopo la rotta di Warna, ei si spinse una seconda volta nel cuore della Bulgaria, resistendo fino al terzo giorno agli sforzi d’un esercito ottomano quadruplo di quello che egli comandava. Abbandonato da’ suoi, questo Eroe fuggiva solo per mezzo ai boschi della Valachia, allorquando il fermarono due masnadieri. Ma intantochè coloro si disputavano una catena d’oro che gli pendeva dal collo, ei riprese la spada uccidendo un d’essi, fugando l’altro. Dopo avere esposta a nuovi cimenti la vita e la libertà, riconfortò finalmente colla sua presenza un popolo afflitto. [A. D. 1456] Belgrado difesa contra tutte le forze ottomane comandate da Maometto II, fu l’ultima impresa e la più gloriosa della sua vita. Durò quaranta giorni quell’assedio, e i Turchi erano pervenuti fino alla città, quando Uniade li costrinse a ritirarsi, onde le nazioni giubilanti confusero i nomi di Uniade e di Belgrado, intitolandoli i baloardi della Cristia-