Vai al contenuto

Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/48

Da Wikisource.
42 storia della decadenza

dagli Eroi che trionfarono dell’Oriente e delle legioni romane. Appartiene ad una sana critica il librare su giuste lanci il racconto luminoso delle imprese di Scanderbeg, dei Pascià e degli eserciti vinti, dei tremila Turchi che di propria mano immolò. Nell’oscura solitudine dell’Epiro e contro un ignorante nemico, i biografi di Scanderbeg poterono permettere alla loro parzialità tutte quelle agevolezze che agli scrittori de’ Romanzi sogliono essere concedute. Ma la Storia d’Italia gettò sulle loro finzioni il lume della verità. Che anzi ne insegnano eglino stessi a diffidare della sincerità delle loro relazioni, col racconto favoloso delle imprese di Scanderbeg, allor che questi passando il mare Adriatico a capo di ottocento uomini andò in soccorso del Re di Napoli1. Avrebbero potuto confessare senza offuscar per questo la gloria del loro Eroe, che fu finalmente costretto di cedere alla Potenza ottomana. Ridotto a stremo, chiese un asilo al Pontefice Pio V, e convien dire che tutte le speranze gli fossero mancate, perchè morì fuggitivo a Lissa, isola spettante alla Repubblica veneta2. Ne violarono indi il sepolcro i Turchi,

  1. V. le sue imprese in Calabria, ne’ libri IX, X di Marino Barletti, ai quali può contrapporsi la testimonianza, o il silenzio del Muratori (Ann. d’Ital. t. XII, p. 291) e dei suoi Autori originali (Giovanni Simoneta, De rebus Francisci Sfortiae, in Muratori, Script. rerum Ital., tom. XXI, p. 728, ed altrove). La cavalleria albanese divenne ben tosto famosa in Italia sotto il nome di Stradiotti (Mém. de Comines, l. VIII, c. 5).
  2. Lo Spondano, fondato sopra ottime autorità e giudiziose considerazioni, ha ridotto il colosso di Scanderbeg a proporzioni ordinarie (A. D. 1461, n. 20; 1463, n. 9; 1465, n. 12,