Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/91

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. lxviii. 85

none non potea trarre che sette volte al giorno1. Il metallo riscaldato scoppiò, sicchè molti cannonieri rimasero morti, e fu ammirata l’abilità di un fonditore che immaginò, per andar contro ad una nuova disgrazia, di versare, dopo ciascuno scoppio, una certa quantità d’olio entro i cannoni.

Le prime palle dei Musulmani lanciate a caso, aveano fatto più strepito che rovina. Mercè soltanto i suggerimenti di un ingegnere cristiano, i Turchi appresero a percotere direttamente i due lati opposti degli angoli salienti d’un baloardo. Per quanto poco destri fossero questi artiglieri, la moltiplicità de’ colpi supplì alla poca abilità di addirizzarli, onde gli Ottomani, pervenuti finalmente sino all’orlo della fossa, si accinsero a colmare questa enormissima apertura a fine di procurarsi per traverso alla medesima una strada all’assalto2. Vi gettarono entro e massi e fascinate e tronchi d’alberi, e tal fu l’impeto di quei lavoratori, che i primi trovatisi in riva alla fossa, o i più deboli, vi caddero dentro e vi trovarono sepoltura. Intantochè gli assedianti davano indefessa opera a tale lavoro, la sola speranza di salute per

  1. Circa un secolo dopo l’assedio di Costantinopoli, le squadre di Francia e d’Inghilterra si diedero il vanto di avere, in un combattimento di due ore accaduto nella Manica, tratti trecento colpi di cannone (Mémoires de Martin du Bellay, l. X, nella Collection générale, t. XXI, p. 239).
  2. Ho scelti alcuni singolari fatti, senza aspirare all’instancabile quanto truce eloquenza adoperata dall’Abate Vertot nelle sue prolisse narrazioni degli assedj di Rodi, di Malta, ec. Questo vivace Storico, fornito di una mente romanzesca, e sollecito di piacere co’ proprj scritti ai Cavalieri di Malta, ne ha adottato l’entusiasmo e lo spirito cavalleresco.