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CAPITOLO QUINTO

del senso civile

Per chiarire quali sieno le dottrine straniere che ci trasviarono dal buon cammino e diedero a un glorioso principio l’esito piú miserabile, uopo è premettere alcune avvertenze. La vita civile e intellettiva dei popoli (che è quanto dire la societá e la scienza), come la vita morale e materiale degl’individui, corre per tre etá distinte, che sono la puerizia, la gioventú e la maturezza. La puerizia è il tempo delle potenze sensitive, dell’inesperienza e della fantasia, nella quale abbondano i sogni lieti, le immaginazioni piacevoli, le utopie seduttive e quelle intellezioni vaghe e perplesse che si differenziano dalle idee sostanziali e discordano dalla natura effettiva delle cose create. La maturitá è il periodo proprio della ragione e dell’esperienza, dalle quali abbiamo le idee vere e i fatti reali, cioè quanto si contiene di sodo e di positivo nel doppio giro degli esseri e delle cognizioni. La giovinezza si frappone tra le altre due etá e partecipa dei pregi e dei difetti di entrambe. Non parlo dell’infanzia che non ha uso di ragione, né della vecchiaia i cui principi si confondono coll’etá precedente ed è, come dire, una virilitá diminuta e indebolita, che ha per fine la decrepitezza, cioè un regresso allo stato infantile; tanto che i due estremi della vita umana si somigliano per molti capi.

A queste tre epoche della civiltá e del sapere corrispondono tre spezie di senso scientifico e pratico, cioè il senso volgare, il retto e il comune 1. Il senso volgare coglie la parvenza anzi

  1. Nella buona lingua italiana le voci «senso» e «sentimento» esprimono spesso la facoltá conoscitiva o l’atto suo, come «sentire» è anche sinonimo di «sapere». Il derivativo «sensato» suona eziandio «assennato», come «uomo di buon sentimento» significa «uomo di senno»; nelle quali locuzioni la voce «senso» viene a sinonimare non solo col conoscimento ma col diritto uso di esso.