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libro primo - capitolo settimo 159


L’entratura delle riforme nei paesi liberi è un diritto comune a tutti, mediante la stampa, i memoriali e i parlamenti. Ma il volere spogliar chi regge di questa facoltá importante, sotto pretesto di malizia o d’insufficienza, non è mica un ampliarla in altri, ma un toglierla a coloro che son piú atti a metterla in opera. Sia pure che non di rado l’usino male: forse le moltitudini si mostran piú esperte? Sono tristi e corrotti i rettori: adunque i soggetti son santi? I principi e i loro ministri diedero di sé cattivo saggio: i democratici del quarantotto fecero forse miglior prova? Confessiamo pur francamente che i torti della rettoria sono in parte del popolo, ché anco i governanti son popolo; e quando la turba è guasta, ignorante, imprevidente, inerte, non può darsi che i suoi capi sieno di maggior conto. La mediocritá degl’ingegni e dei cuori regna oggi universalmente ed è la piaga principale del secolo, e però non è meglio immutabile ai governi che ai sudditi. Aggraverebbe il male in vece di scemarlo chi troncasse alla signoria i nervi; dove che unico rimedio è l’affidarla all’ingegno, il quale è l’interprete del pensiero, naturale e legittimo principe. La moltitudine per se stessa è piú atta a conservare che a fondar nuovi ordini1 ma quando viene capitanata dal valore è capace di ogni bontá. Vedesi dalla storia che i progressi piú notabili della specie umana non furono mai opera di molti, e spesso ebbero per autore un sol uomo, caposetta, leggista, scienziato, scrittore, artefice. L’unico divario che corra su questo punto dai tempi barbari ai civili si è che in quelli per lo piú predomina un solo individuo, in questi i pochi prevalgono. L’ingegno fu giá monarchico: ora può dirsi aristocratico, intendendo sotto questo nome quei privilegi che non vengono dall’arbitrio e dal caso ma dalla virtú e dalla natura.

L’arte procedendo dall’arbitrio umano e gli ordini politici essendo opera dell’arte, la dottrina, che pone la suprema norma nella volontá di tutti e fa del consorzio un semplice patto, conduce di necessitá a riporre la somma e la cima dei beni civili nel tenore speciale del reggimento. Dal che nasce che la forma

  1. Machiavelli, Disc., i, 9.