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libro primo - capitolo settimo 165


tenore e di nascimento e un assesto che par mendoso per eccesso o per difetto d’arte, le due spezie di governo provano egualmente bene, perché proporzionate all’indole e alla consuetudine delle due nazioni. La consuetudine è un’altra natura; e la bontá di ogni composto nasce dalla misura e proporzione dei componenti, le quali fanno emergere il bene dai loro limiti1. La qual proporzione però non può durare se gli statuti non si ritoccano secondo il variare dei tempi, perché essendo le cose umane continuamente in moto e col crescere delle notizie procedendo le gentilezze, quegli ordini, che prima combaciavano a capello collo stato effettivo delle cose, a poco a poco ne discordano, se non si ha cura di modificarli secondo che occorre. Al che si ricerca quella savia condiscendenza di cui abbiamo parlato; dalla qual virtú, non meno che dai pregi rispettivi dei loro instituti, nasce il ben essere privilegiato degli americani settentrionali e dei britanni.

Conchiudasi che un governo è buono quando è commisurato al didentro e al difuori della nazione, cioè alla sua civiltá speciale, al grado della cultura universale, agli ordini vicinanti e principalmente alle condizioni proprie e inveterate di esso popolo. Errano dunque gli statisti che cercano una bontá assoluta; e quando presumono di averla trovata, vogliono attuarla artifizialmente, come un giocatore che dispone a suo talento le figure di uno scacchiere. Quel governo è migliore e durevole, che nasce naturalmente dalle condizioni reali del popolo e del paese; e i legislatori piú insigni non osarono procedere a priori né crear di pianta ordini nuovi, ma svolsero i germi dei preceduti. Cosí la costituzione mosaica fu il compimento della patriarcale; Solone, Minosse, Licurgo limarono e ampliarono i rudimenti ionici e doriesi; e gli ordinatori americani recarono a legge di Stato i capitoli delle colonie. Questa è la sola maniera d’ invenzione che sia conceduta ai fondatori di un vivere

  1. Mediante la proporzione il finito adombra l’infinito e il difetto in pregio si converte. Per la qual cosa i pitagorici consideravano il diastema ed il numero come i due fattori dell’armonia.