Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 1, 1911 - BEIC 1832099.djvu/209

Da Wikisource.

libro primo - capitolo ottavo 203


passata fra le due parti, si direbbe che la nazionalitá austriaca sia la sola che abbia qualche costrutto e che debba premere agl’italiani. I municipali sono gli ebioniti della politica e i guelfi di campanile, troncando quei nodi intimi che stringono insieme tutti i popoli consorti di stanza, di stirpe, di favella, e sostituendo all’universale, che è la nazione, il particolare, che risiede nella provincia e nel municipio. I puritani trascorrono all’eccesso opposto, e per un falso amore del genere vorrebbero annientare le specie, distruggere l’individuitá naturale delle nazioni, spegnere le patrie e allargare la civil comunella a tutta la specie umana, «recando tutti gli uomini in una sola nazione e patria come fu da principio, e facendo professione di amore universale verso tutta la loro specie, ma veramente dissipando la stirpe umana in tanti popoli quanti saranno uomini»1. Il municipalismo e il cosmopolitismo sono due estremi viziosi, fra cui tramezza l’idea dialettica di nazione; e stante che gli estremi si toccano, l’uno, aspirando a trinciare l’Italia in piccoli Stati, si confonde coll’altro che, spogliandola di ogni carattere proprio, la mescola coll’Europa. Ma tolta via la nazionalitá in genere, come può darsi italianitá, che è la forma specifica del nostro essere nazionale? Quindi nasce la comune tendenza degl’illiberali, dei municipali e dei puritani a imbeversi di dottrine e imitare gli esempi forestieri, sfatare le nostre lettere, antiporre favellando e scrivendo la lingua altrui alla propria o usare la propria barbaramente; anzi i municipali antipongono i dialetti all’idioma patrio (essendo questi il municipalismo della lingua), o lo parlano con tale eleganza che poco si differenzia dai vernacoli. L’amore dei forestieri è talmente inviscerato nelle due sètte che gl’illiberali farebbero volentieri della penisola una dizione dell’imperio; e pogniamo che i municipali non osino tanto, nondimeno vagheggiano l’idea di un’alleanza austrorussa come piú favorevole allo scisma politico e conservatrice


    ammette le nazioni, ma è curioso il vedere come le definisca. «Qu’est-ce qu’une nation, mon cher ami? C'est le souverain et l’aristocratie» (Lettres et opuscules inédits, t. i, p. 404).

  1. Leopardi, Opere, t. i, p. 159.