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libro primo - capitolo nono 247


italiane erano concordi e vincitrici, io non reputava necessario il soccorso straniero; giacché essendo lungi dal Piemonte e privato e udendo applaudita la generosa parola di Carlo Alberto, mi pareva troppo incredibile che le proprie forze si trascurassero. Ma poiché le schiere subalpine erano afflitte da gravissimo infortunio, e che Toscana mollava, Roma inritrosiva, Napoli all’aperta si ritraeva, era senno il ricorrere a uno Stato benevolo cui dovea importare il buon successo della nostra causa. Le armi ausiliari non son di pericolo se si aggiungono alle proprie, e tornano ad onore quando attestano l’amicizia di un popolo illustre. Le nazioni piú superbe e piú fiere dei tempi antichi e moderni non le sdegnarono. Il solo vessillo francese avrebbe incorati i nostri e atterrito il nemico, facendo oggi in Italia l’effetto che all’etá scorsa in America, quando ella del pari per esser libera combatteva. E se il soccorso era utile a noi, non pregiudicava alla Francia, anzi le sarebbe giovato per la gloria e per la quiete. Né chiedendolo e ottenendone formale promessa, noi dimenticammo le cautele dicevoli intorno alla scelta dei soldati e dei capitani, affinché il rinforzo delle nostre squadre non fosse agli ordini pericoloso1. Il che del resto non era punto da temere, atteso le disposizioni che allora correvano in Francia e le qualitá del suo governo, ancorché questo non ci avesse date, come fece, le sicurtá maggiori che si potevano desiderare.

La fiducia del soccorso forestiero non dovea però farci trasandare i partiti e gli spedienti che erano in nostra mano, né l’assicuranza indurci a pretermettere le cautele opportune. Conveniva non solo adoperare e migliorare le schiere di riserva

  1. Vedi la dichiarazione del ministero Casati (Il Risorgimento, 19 agosto 1848). Io scrissi nello stesso proposito al signor Thiers, il quale mi rispose in data dei 17 di agosto, promettendomi gentilmente l’opera sua e conchiudendo la lettera nei seguenti termini: «Je fais des vœux pour que l’Italie soit libre et que le nord de cette belle contrèe soit réuni tout entier sous le sceptre de la maison de Savoie. Que résultera-t-il de la situation étrange où nous sommes tous placès? Je l’ignore; mais la France, à mon avis, sera plus malheureuse encore qu’elle ne l’est, et elle l’est beaucoup, si à ses infortunes se joignent celles de l’Italie».