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342 | del rinnovamento civile d'italia |
solo perché la Francia era divenuta repubblica; come se avendo l’occhio allo stato presente e alle antecedenze differentissime, il vero modo di dissentir da quella non fosse appunto il troppo rassomigliarsele. Il che non ha pure il merito della imitazione, perché imitar uno «non vuol dire porre i piedi nelle sue stesse pedate, ma portar la persona e le gambe come egli fece»1; «onde si possa veramente congetturare che se quegli avesse dovuto fare un’opera simile, avrebbela fatta cosí»2. L’ormare pedantescamente la Francia era tanto piú irragionevole nel caso nostro, quanto che essa ha il difetto dei giovani e manca spesso di longanimitá civile, cosicché pare che voglia introdurre in politica l’usanza di viaggiare a vapore. E però non di rado ella precipita le mutazioni, travalicando il segno come nel penultimo lustro del passato secolo, o accelerando di soverchio l’opera come nel nostro, giacché, a senno degl’intendenti, il poco frutto del moto seguito nel quarantotto nacque dall’essere troppo precoce. E siccome ogni volta che si prevarica la legge di gradazione, o tralasciando i dovuti passaggi o troppo avacciandoli, la pena séguita e si attempera alla colpa; eccovi che la repubblica francese si mantiene, ma sviata momentaneamente dalle sue condizioni e ridotta a termini peggiori del principato, laddove la romana affatto mancò. E in ambo i casi il castigo rispose al fallo, essendo il salto nelle cose umane maggior peccato del corso, e l’ommettere i gradi interposti e le debite pause ripugnando a natura piú ancora che l’affrettarle.
I puritani fecero saggio di questo falso genio imitativo insino dai loro princípi, allorché dopo il trenta, raccoltisi a setta (che non a torto prese il nome di «giovine»3), cominciarono a predicar la repubblica non per altro se non perché in Parigi
- ↑ Caro, Apologia, Milano, 1820, p. 34.
- ↑ Biamonti, Orazioni, Torino, 1831, t. i, pp. 68, 69.
- ↑ Non voglio giá per questo registrare tra i puritani tutti i soci della Giovine Italia. Fra essi e fra i partigiani di Giuseppe Mazzini si trovavano e tuttavia si trovano uomini degni di stima, che abbracciarono quella parte come un’insegna repubblicana, senza però partecipare né all’ambizione personale degli altri né all’intolleranza nociva né al genio fazioso.