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60 del rinnovamento civile d'italia


falli, meno scusati, perché la fresca vicenda, l’aspettativa grandissima, le brame civili accresciute li rendevano piú manifesti e difficili a tollerare. Dimenticò, come Napoleone, la sua origine elettiva: volle regnare per ragione di reditaggio e rifare i privilegi abusati di una monarchia spenta. Salito a un seggio acquistato col valore e col sangue della plebe, la ricambiò d’ingratitudine, posponendo i suoi diritti e interessi a quelli di una classe avvezza a nascondersi nelle burrasche per usufruttuar nella calma gli altrui sudori. A perpetuare il predominio borghese, il nuovo Borbone accrebbe la corruttela parlamentare e amministrativa dei primi, aperse la porta alla virtú e all’ingegno piú in apparenza che in effetto, e la nullitá esautorata ebbe per iscambio la mediocritá felice. L’egoismo della linea primogenita fu ridotto a massima, predicandosi che gli Stati debbono solo pensare a sé, né spendere per altri il danaro ed il sangue loro; come se quando si tratta dell’onor comune e della giustizia, le piccole perdite presenti non tornassero a sparagno notabile e a guadagno per l’avvenire. Dal tollerare i fatti iniqui si trascorse al cooperarvi, e la spedizione di Spagna ebbe il suo riscontro in quella di Portogallo. Egli era fatale che anche la Spagna pregiudicasse all’Orleanese come a Napoleone e al successore, e che un patto domestico fondato sull’ambizione di stirpe e gravoso sin da principio alla Francia fosse esiziale a coloro che cercarono di rinfrescarlo. Le nozze spagnuole furono il maggior fallo, poiché indussero il governo a scambiar l’alleanza inglese coll’austriaca (che è quanto dire un’amicizia naturale con una lega contro natura) e a contrastare le riforme del Piemonte, di Roma e di Svizzera; il che diede l’ultimo squasso alla potenza del nuovo principe. Egli ci aveva giá traditi fin dal suo salire, lusingandoci con false promesse e lasciandoci poscia in preda al nemico. Cosí il proposito di mantenere in Italia gli ordini di Vienna tanto cari ai conservatori costò il regno e la fama agli Orleanesi, e lo costerá a tutti i principi che rinnoveranno l’antico fallo della politica europea1.

  1. Consulta Operette politiche, t. i, pp. 243, 252.