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CAPITOLO TERZO

DELI- A NUOVA ROMA

Il primo impulso a risorgere ci venne ultimamente da Roma spirituale e civile. Imperocché né l’Italia può vantaggiarle sue sorti se Roma non gliene dá l’esempio, né questa può rinascere senza che avvenga altrettanto nel resto della penisola. Il concetto e il bisogno di un Rinnovamento romano sono antichi non pure fra noi ma nella cristianitá tutta quanta; e tentati piú volte di colorire e soddisfare, al generoso desiderio fu sempre discorde l’effetto. Il che non è da stupire, imperocché certe idee son troppo alte e certe moli troppo pesanti da potersi incarnar nella fragile argilla e sollevare coi fiacchi omeri dei mortali; tanto che le riescono in pratica utopie e chimere. Certo una Roma spirituale e civile, che sia insieme un’idea e un fatto, una reggia e un santuario, una corte e un presbiterio, e armonizzi le perfezioni diverse e contrarie di cose tanto disformi e dei due reggimenti, è la fantasia piú sublime che altri possa formare in capo, e quindi la piú difficile a mettersi in atto. Se la sola monarchia civile è cosi malagevole a costituire negli ordini che meglio le si confanno, cioè in quelli del laicato, quanto piú dovrá essere nel giro del sacerdozio? Anche nei confini dello spirituale Roma è un componimento di estremi ardui ad accoppiarsi, quando che il papa vuol essere primo e signore per altezza di grado, ultimo e servo per eccellenza di umiltá. Eccovi che anche oggi egli si chiama «servo dei servi» e suggella i suoi rescritti coll’anello del pescatore; ma il contrapposto