Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 2, 1911 - BEIC 1832860.djvu/328

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riforme e addosso gli piomberanno. L’Europa dei potentati, atterrita e impegnata nel regresso, non patirá mai un Piemonte democratico. Se questo vuol conservare le sue instituzioni dee, per modo di dire, dissimularle e nasconderle: dee guardarsi da ogni atto vistoso, capace di attrarre lo sguardo e destar la gelosia degli esterni; dee mettere insomma ogni suo studio nel farsi dimenticare.

Questo raziocinio specioso è uno dei molti che mostrano quanto in politica il senso diritto, che penetra le realtá, si diversifichi dal volgare che si ferma alle apparenze. — Dicendo che i potentati non vogliono sapere di un Piemonte popolare, voi avete mille ragioni. Ma v’ingannate a credere di placarli, soprassedendo dai miglioramenti e dagli apparecchi. Sapete che cosa odiano principalmente? Odiano la libertá, che è il principio di tutti gli altri beni. Finché questa è intatta non isperate che s’acquetino. Poco loro importa che indugiate a trar fuori le conseguenze che si racchiuggono nelle premesse. Le premesse sono lo statuto, la leggq delle elezioni, una stampa libera, una ringhiera nazionale; cose tutte incompatibili cogl’interessi dei

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nostri nemici. Questa è la radice che promette e il seme che racchiude l’albero democratico; e finché essa non è svelta, né l’Austria né il papa né Toscana né Napoli non saranno sicuri e tranquilli in casa propria. Perciò non vi ha altra via per farvi amici costoro che quella d’impastoiare la stampa, mutar gli ordini delle elezioni, abolire il patto fondamentale o ridurlo ipocritamente a essere un’ombra di se medesimo. Ogni altro partito è inutile anzi nocivo, perché le soste, le condiscendenze, le paure, non che lenir gli avversari, mostrando la viltá vostra, aggiungeranno il disprezzo all’odio che giá vi portano. «Niente vale l’umiltá — dice il Compagni — contro alla grande malizia» (0. Io bramerei nei ministri piemontesi, quando parlano all’Austria e a’ suoi patroni o clienti, meno umiltá e maggiore fierezza, ché essi errano a gran segno affidandosi di ammansare l’eterno nemico della libertá e d’Italia.

(i) Cron., 2.