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capitolo duodecimo 29


furono tali da farmi pentire del mio giudizio nelle elezioni1. Per le stesse vie cercavamo di aver dalla Francia qualche guerriero di grido, di assoldare svizzeri, d’ intendercela cogli ungheri a cui il bravo colonnello Monti di Brescia portava le nostre parole, e infine movevamo altre pratiche di cui oggi ancora è bello il tacere.

Ma questi e simili spedienti erano troppo sproporzionati all’effetto. Come potevano semplici parole rallentare il regresso universale, succeduto alla foga incomposta dei demagoghi, e preservarne la nostra penisola? come ovviar che l’Austriaco non ci venisse in casa restitutore di un suo congiunto, e l’Europa cattolica ci si versasse addosso sollevata dal grido del pontefice? Se ciò accadeva (né potea fare che non accadesse), a che angustie si riduceva il Piemonte? come potea ripigliare la guerra e stabilire l’autonomia patria? Se ci mancavan le forze di contrastare all’Austria sul Po, come avremmo potuto abbatterla sull’Arno e sul Tevere? Se non ci era dato di vincerla mentre

si spacciava nemica all’Italia, come riuscirvi quando sarebbe coonestata dal titolo specioso tli restitutrice dei principi espulsi, vendicatrice della Santa Sede, domatrice della licenza, protettrice della religione? E laddove dianzi ella era il solo nemico, ora seco ne avremmo tanti altri quanti sarebbero i forestieri chiamati dal pontefice a schiacciarci. Ora se noi non bastavamo contro ad uno, che potremmo verso tutti? Si aggiunga che Pio e Leopoldo II di Toscana ritornerebbero pieni di sdegno e rimonterebbero despoti su quel trono che prima dolcemente e civilmente occupavano, e le armi venute a rimetterli prenderebbero ferma stanza sotto pretesto di guardarli e difenderli. Napoli che di celato se la intendeva col Tedesco e col Tartaro e giá incominciava a sentir del tiranno, incorato da tali esempi e avvalorato dalle forze vicine, la darebbe, rotto ogni freno, per mezzo ad ogni scelleratezza e bruttura. Cosi il nemico stenderebbe la sua balia



  1. Due delle mie mimine furono acerbamente biasimate dai municipali. Ma per loro disgrazia ii primo autore dell’una fu Ettore Perrone mio precessore e dell’altra il re Carlo Alberto.