Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 2, 1911 - BEIC 1832860.djvu/362

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debbono cooperare alla propria redenzione altrimenti che impetrando dagli esterni l’opera liberatrice. Se questa fosse in effetto l’opinione di molti, io non esiterei a dire che noi saremmo indegni di viver liberi e che i francesi avrebbero gran torto a travagliarsi per conto nostro, ché i codardi non meritano tal benefizio e son da natura destinati a servire. Ben s’intende ch’io non parlo di aiuto, quasi che le armi ausiliari di un popolo illustre non onorino le due parti quando si aggiungono alle proprie. Si ponga per massima fondamentale che, qualunque sia per essere la cooperazione amichevole dei forestieri al nostro Rinnovamento, il nervo delle sue forze e delle sue armi dovrá essere italico; ché altrimenti ci porterebbe servaggio e non franchezza, anzi peggiorerebbe il giogo antico, essendo men gravosa e disonorevole una tirannide propria che una libertá peregrina. 11 partito adunque sarebbe vile, perché onorevole è l’alleanza e il sussidio, non l’imperio gallico. Sarebbe contraddittorio, perché chi dice egemonia forestiera accozza insieme due concetti che al tutto ripugnano. L’egemonia infatti, essendo il principio generativo della nazionalitá, non può distruggere l’autonomia che ne è l’essenza; e la distruggerebbe sevenisse di fuori: cosicché l’atto medesimo che darebbe vita alla nazione ne sarebbe la morte. Tanto piú che non si può dare agli estrani il carico di redimerci senza conceder quello di governarci o almeno di decidere quali ordini ci reggeranno; il che è un cancellare affatto la nazionalitá italica e un fare di tutta la penisola una Gallia cisalpina. Dottrina assurda e nata da quella falsa cosmopolitia che non fa alcun caso delle distinzioni naturali dei popoli e del giure autonomo delle nazioni. Si abbia adunque per un principio non meno fermo e capitale del precedente, che l’Italia dovrá essere affatto libera e padrona di sé nei propri ordinamenti, benché per fare buon uso di cotal diritto ella debba nell’elezione consigliarsi coll’indole dei tempi, l’influenza dei successi esteriori e la convenevolezza di armonizzare al possibile i propri statuti con quelli dei popoli amici. Procedendo in altro modo, si rinnoverebbero le indegne scene del secolo preceduto, si avrebbe una larva di repubblica serva