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80 del rinnovamento civile d'italia


alcune sètte sono oggi piú potenti che sotto papa Gregorio, nuovo anch’egli alle cose del secolo ma versato nelle teologiche, cattivo principe ma pontefice dotto e prudente, che seppe resistere a chi volea servirsi di Roma per violare la libertá cattolica e proscrivere gli scritti che non piacciono ai faziosi1. La fermezza del Capellari non passò nel successore; il quale ha una di quelle nature buone, candide, amorevoli, ma deboli e irresolute, che, non sapendo deliberare da se medesime, sono ludibrio dei raggiri altrui e preda dei falsi consigli. Benché forte e inflessibile nell’osservanza del dovere, egli varia nella sua estimazione; perché dipendendo questa dai giudizi pratici, egli è nel formarli facilmente ingannato dagli astuti che s’impadroniscono dell’animo suo, come si narra di Claudio Cesare2. «Aggiungi che non avendo ferma la salute e patendo di nervosa passione, reliquia del suo male antico, piú soffre quanto piú ha l’animo mosso ed inquieto; ragione pur questa di oscitanza e di mobilitá»3. Laonde per tali parti, non meno che per la rettitudine dell’animo e la santitá della vita, egli somiglia a Celestino quinto; ma piú di esso infelice, perché, continuando a regnare in vece di fare «il gran rifiuto», egli spense i suoi principi gloriosi coll’esito piú miserando. Caso degno di eterne lacrime, presso che unico nella storia, ma imputabile a quei soli che con arte infernale convertirono in lutto tanta gioia e tante speranze.

Si dirá che anch’io mi contraddico, parlando in tal forma di un pontefice del quale a principio celebrai il valore. Ma io posso fare una girata dello sbaglio a’ miei onorandi compatrioti,perché essendo allora lontano e non conoscendo altrimenti il nuovo papa, io fui semplice ripetitore in Parigi di quanto si diceva, si scriveva, si acclamava in Roma e per tutta Italia. Chi non si ricorda le lodi straordinarie che con voce unanime



  1. Egli è noto con che costanza Gregorio decimosesto si oppose alla fazione gesuitica chiedente e sollecitante la proibizione del Trattato della coscienza del Rosmini e de’ miei Prolegomeni.
  2. «... nihil arduum videbatur in animo principis , cui non iudicium, non odium erat, nisi indita et iussa» (Tac., Ann., xii, 3).
  3. Farini, Lo Stato romano, t. ii, p. 68.