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capitolo decimoterzo 87


l’ombra di tal effetto. Ché se l’impresa nazionale di Giulio in etá differentissima dalla nostra fu seguita da un sembiante di rottura, la vanitá di questa conferma appunto come un atto di giustizia, benché spiacente e in tempi proclivi ai dissidi religiosi, non basti a sviare le popolazioni. L’allegare il Chiaramonti che non volle combatter gl’inglesi innocui per compiacere all’oppressore di Europa1 è al tutto fuor di proposito, se giá fra una guerra capricciosa, iniqua, imposta da cenni despotici e stranieri, e una guerra patria e giusta non corre divario alcuno. Ma perché non menzionare Pio nono, il quale, protestando contro l’invasa Ferrara, fece segno che avrebbe usato le armi se la presa momentanea trascorreva in occupazione? ché certo non saria stato né savio partito né lecito il rinunziare ai propri diritti e soggiacere a un male certo e presente per téma dei futuri pericoli. Ora se il papa come papa non può far guerra ai popoli, sieno essi cristiani o infedeli, il papa può e dee farla come principe agl’ingiusti invasori, qual sia il culto a cui appartengono. L’autore disdice tal facoltá al principe perché il pontefice non la possiede, e incorre, cosi ragionando, nella confusion dei poteri che imputa altrui. Il principe ha non pure il diritto ma il debito di tutelare i suoi sudditi; e siccome un dovere non può essere annullato da un altro, il sovrano di Roma può far la guerra, ancorché il pontefice sia obbligato alla pace. Il supporre che le obbligazioni dell’uno annullino i carichi dell’altro è un travolgere i concetti piú chiari e aprire il varco a ogni assurdo, conciossiaché a tal ragguaglio Roma non potrá giudicare, sentenziare, punire i delinquenti, perché i rigori criminali e le giustizie civili si disdicono alla mitezza del sacerdozio.

Se il papa come principe dee proteggere i suoi soggetti, non dovrá egli come membro d’Italia cooperare alla difesa della nazione? Certo quest’obbligo è non meno fondato dell’altro, se la nazionalitá e la comune patria non sono chimere; e tanto maggiore quanto è piú grande il bene a cui si provvede e



  1. Lemoinne, op. cit., pp. 35, 36.