Pagina:Giorgio G F Hegel - La fenomenologia dello spirito, 1863.djvu/28

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Che il vero debba comprendersi non solo come sostanza, ma anche qual subbietto, è una mia veduta, che non può giustificarsi se non per l’esposizione del sistema intiero. Similmente è da avvertire che la sustanzialità racchiude tanto l’universale o l’immediata scienza, quanto ciò che è l’Essere o l’immediato a conoscersi. Il medio evo si opponeva a comprender Dio come unica sostanza. Quando una tale determinazione fosse pronunciata, il fondamento in parte ne starebbe nell’accorgersi che con ciò la coscienza non è nè serbata nè distrutta; in parte però tal semplicità o indifferente immobile sostanzialità è quel suo opposto che il pensiero ritien come pensiero, l’universalità come tale. E quando, in terzo luogo, il pensiero riunisce con se l’Essere della sostanza, e comprende l’immediato o l’intuizione come pensiero, viene da ciò se simile intellettuale intuizione non ricada nella inerte semplicità, e la realtà stessa non si presenti in modo non reale.

4.

L’assoluto è subbietto.

La sostanza vivente è l’Essere che in verità è subbietto; o, e vai lo stesso, che è reale in quanto è il movimento del porsi o la mediazione del farsi altro. Come subbietto, essa è la pura e semplice negatività; ed è, in conseguenza, la divisione del semplice ed il contraddittorio ampliarsi, che è poi la negazione dell’indipendenza di pari diversità e della sua contraddizione. Ed il vero non è l’orginaria unità come tale, o l’immediato come tale; ma è codesta ripresentantesi indifferenza, ola riflessione in se stesso nel suo altro. È il farsi di se stesso, è il giro che presuppone la sua fine come suo scopo, e lo ha a principio; ed è reale sol per il processo e la sua fine.