Pagina:Giovanelli - Vita di Alessandro Vittoria, 1858.djvu/17

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conviene, e depostala nella bottega sotto ad uno scarpello, senza altrimenti chieder commiato nè dire ad alcuno dove s’andasse, l’officina del Sansovino abbandonò, Ma riflettendo che la partenza da Venezia potrebbe esser presa a sospetto di fuga, s’andò a consigliare col priore dei preti di San Geremia, col quale correvagli qualche confidenza; e invitato da lui a rimanersi in convento, s’acconciò a lavorare per quella chiesa. E qui fra l’altro diede opera ad una figura di San Giovanni Rallista in pietra, alta due piedi; ma non la condusse a termine; che presto anche lo stare con quei preti gli venne in uggia. Fu per qualche giorno combattuto ed incerto tra varii partiti; poi cedette allo stimolo che sentiva più forte, di rivedere la patria, i diletti parenti e gli amici, Mal provveduto di danaro, nel cuore della vernata, usci di Venezia, e col suo fardello in ispalla, a piedi e lutto solo, prese la via di Trento, Giunto a Vicenza, voltò verso Tiene e s’incamminò per la via dei monti alle valli dell’Astico, che sono il confine tra |a Venezia e il Trentino; dove avvenne che, partitosi di buon mattino da Lavarone, luogo sulla montagna, trovò altissima neve caduta in quella notte, cosicché non vi si vedeva vestigio di via calcata. E procedendo a ventura verso il declivio, smarrì la strada, e appena gli bastò il giorno onde togliersi ai pericoli e racquistare da ver ponente il sentiero per cui si cala nella valle trentina. Arrivò in patria all’annottare del dì seguente, in sul finire di Febbrajo 1552, e vi fu accolto dal vecchio e cieco padre con lagrime di allegrezza.