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114 Cecco grullo


— Risoluzione! — gli disse Tonino, dandogli una gomitata.

Cecco dall’uscio aperto guardava nel buio.

— Insomma?

Cecco uscì fuori. Il lume della stanza riproduceva la sua ombra lunga, smisurata nella strada diritta. Fece venti passi, e poi si voltò!

Vide la sua casa, il chiarore del fuoco, senti ridere i suoi compagni sull’uscio, e si fermò. Fece altri venti passi, e si fermò da capo. Lo principiava a prendere la paura a buono. Gli venne in mente di tornare indietro. Avrebbero riso, l’avrebbero corbellato. Tutto meglio che patire in quel modo. Ma la Lisa?.... Se la Lisa lo avesse poi saputo? Ella che non poteva soffrire la gente paurosa! E seguitò a camminare macchinalmente, quasi a tastoni, per la strada buia. Davanti a lui e dietro a lui correvano le foglie secche; il vento soffiava fra i rami delle querci, e gli strisciava caldo ed afoso sul viso fradicio di sudore.

Udì un fischio. Non era quello di Tonino. Si fermò. Udì di nuovo il medesimo fischio.

— Tonino?.... sei tu?

Nessuno rispose.

Il povero Cecco non ne poteva più. Il rumore, che sentiva, non era il rumore delle foglie, era il passo di una persona.