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gnanti, e finisce col passare in rivista i diffetti o i vizi considerati come ereditari. Questi diversi articoli, trattati successivamente, ed anche con molti dettagli, non presentano verun interesse e novità.

Terminando questa analisi, non possiamo dissimulare che l’opera citata è scritta in modo alquanto oscuro: la lettura ne è anzi faticosa, esige un’attenzione sostenuta, e si trova obbligato rivedere a molte riprese alcuni passi, per bene apprezzare e intendere ciò che l’autore ha voluto esprimere; vi abbiamo rimarcate molte cose ipotetiche, alcune contraddizioni, persino degli errori, soprattutto negli articoli concernenti i disordini degli appiombi. Malgrado questi diffetti, l’opera racchiude però alcune idee originali degne di fissare l’attenzione dei veterinari; indicheremo, in questa categoria, le considerazioni sull’elasticità del piede e sulla meccanica animale, le approssimazioni tra la ferratura francese e quelle praticate nei diversi paesi stranieri.

Qui limitasi l’analisi degli autori i quali, dopo i Lafosse padre e figlio, sonosi occupati in maniera particolare della ferratura e delle malattie dei piedi monodattili. Abbiamo comprese in questo quadro le osservazioni particolari che sono comparse nei giornali o nei dizionari di veterinaria. Nostra intenzione non fu il qui presentare una minuta storia di tutte le produzioni concernenti il piede del cavallo, non abbiamo altro scopo che quello di fare conoscere i progressi di nostre cognizioni, e bastava perciò il riferire le opere di qualche rilievo. Tutti gli autori