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La festa della libertà e i frutti dell’albero 29

Art. 5. Sarà inalzata una piramide nel luogo che occupavano, con queste parole: Le città d’Arezzo e di Cortona punite della loro ribellione.

Art. 6. La presente risoluzione sarà stampata, pubblicata ed affissa in tutte le Comunità del territorio toscano. I generali comandanti le colonne contro Arezzo e Cortona sono incaricati della sua esecuzione.»

Nello stesso giorno il generale Macdonald emanò un altro editto contro «alcuni preti fanatici» che si univano ai «miserabili agenti» dell’Austria, per rovesciare il regime repubblicano.

Per conseguenza, stabiliva con quell’editto che ogni comunità che inalberasse lo stendardo della rivolta sarebbe stata sottomessa con la forza; e che «i cardinali, arcivescovi, vescovi, abbati, curati, e tutti i ministri del culto» sarebbero tenuti personalmente responsabili degli attruppamenti e delle rivolte.

E per farsi intendere anche più chiaramente, il bravo generale in capite intimava a tutti i preti di portarsi immediatamente nei luoghi della loro giurisdizione dove fosse scoppiata la rivolta per sedarla. E se fossero invece trovati con l’arme alla mano sarebbero stati, per una volta tanto, giova almeno sperarlo, fucilati senza processo. Ugual sorte sarebbe toccata agli altri ribelli arrestati in simili condizioni.

La risposta degli aretini ai proclami del Macdonald se fu ispirata al fanatismo più bizantino, non fu però meno energica ed arrogante. In essa, fra le altre cose, si diceva chiaro e tondo al generale francese: «Voi in nome del governo francese ci avete fatto sempre delle belle promesse; ma nemmeno una volta ci avete mantenuta la parola. Se eravamo liberi, perchè non lasciare a noi la scelta dei nostri rappresentanti? Era una volta in proverbio la fede greca; nelle vostre mani è divenuta tale la fede francese!» Parole roventi coteste, ma dette con coraggio! La conclusione della risposta degli aretini conteneva un’aperta sfida, dicendo che la rabbia del generale non li spaventava: ed alla minaccia di erigere