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44 Firenze Vecchia

e per i furti e saccheggi ed altre infinite ribalderie fatte in nome di Maria Santissiiìia e di San Donato, aveva dato luogo ad infinite lagnanze, che eran giunte anche a Vienna, così il Granduca, per mezzo del suo segretario Luigi Bartolini, fece rimettere ai deputati d’Arezzo un dispaccio che cantava molto chiaro.

Quel dispaccio, dopo i soliti complimenti d’uso circa «l’ammirazione, la gratitudine ed il plauso di vS. A. per il coraggio fermezza e fedeltà di tutto quel popolo toscano» cioè aretino «che il signor Gamurrini aveva l’onore di rappresentare e che con l’assistenza di Dio e di Maria Santissima» che non ci pensavan nemmeno «aveva diminuite le disgrazie cui soggiaceva il granducato,» conteneva altresì l’esplicito volere della prefata A. JS. la quale non ammetteva nessuna distinzione e separazione, dovendo tutti i toscani essere uniti e sotto di lui.

Per dorare poi la pillola, si diceva che S. A. aveva presentato al suo imperiale fratello il signor Gamurrini, il quale era stato fatto conoscere a tutta la reale famiglia.

Il governo provvisorio d’Arezzo fu costretto a fare buon viso a mala fortuna; ed il 5 di settembre mandò fuori un avviso col quale annunziava che i felicissimi Stati di S. A. il granduca Ferdinando III erano stati liberati «dall’oppressione dell’usurpato governo francese» e che «le gloriose vittorie degli invitti eserciti imperiali e gli intrepidi sforzi delle combinate armi austro-aretine-russe» li avevano assicurati da ulteriori invasioni.

Dopo questa fanfaronata, il governo provvisorio veniva a dire che S. A. pulitamente e bene «per il canale dell’inclito Senato fiorentino» gli aveva fatto sapere che i componenti quel governo se ne potevano tornare a casa «e che dovessero cessare tutte le misure provvisorie state prese, ripristinando tutto l’antico sistema politico ed economico.» Cessato così il potere di quei governanti, celebrarono il termine della loro esistenza con una solenne funzione nel Duomo di Arezzo, cantando un Te Deum solennissimo!