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Nuovi proclami e sempre nuovi govern 61

La primavera, nella quale eran riposte le speranze dei medici per un miglioramento nella salute del re Lodovico, gli fu invece fatale. E non poteva esser di meno, perchè era tornato il giorno 13, secondo le viete superstizioni della Corte. Gli insulti epilettici si fecero più frequenti e più gravi; a questi si aggiunse una febbre catarrale, che lo spense la sera del 27 maggio 1803, assistito fin da ultimo da monsignor Martini. La regina, dichiarata reggente per testamento del defumto, durante la minorità del figlio, assunse subito la direzione del governo.

Il popolo, sempre eguale, dopo essersi continuamente lamentato del malgoverno del Borbone, appena questi morì, dimenticando tutte le noiose querimonie passate, pensò di svagarsi andando in folla al Palazzo Pitti giacché non si spendeva nulla, a vedere la salma del re esposta al pubblico.

Se non ci fosse stata per molti quella occasione per vedere il Palazzo e farsi un’idea del come stavano i regnanti, sarebbero morti con quella voglia. E la sera, nelle case del medio ceto e del basso popolo non si parlava d’altro che della magnificenza delle sale, della ricchezza della mobilia, dei quadri, delle lumiere e perfino delle scale larghe come strade.

Il morto non lo rammentavan quasi nessuno; o, se ne parlavano, era per magnificare lo sfarzo dei viticci con le candele gialle accese attorno al feretro; per celebrare la ricchezza del baldacchino sotto il quale era esposto, e lo splendore della grande uniforme con cui era vestito il morto, dicendo che era un vero peccato che tutta cotesta bella roba dovesse andar sottoterra.

Un altro svago la folla lo trovò la sera del trasporto alla chiesa di San Lorenzo, fatto con pompa di soldati, di clero, di magistrati e di ciambellani. Il cadavere fu messo in deposito nei sotterranei, dove sono le tombe medicee, e dopo alcuni anni, nel 1815, fu trasportato in Spagna e sepolto nell'Escuriale.