Pagina:Giuseppe Conti Firenze vecchia, Firenze 1899.djvu/76

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Vi furono poi il palio dei barberi, il corso delle carrozze e la corsa dei cocchi, con Te Deum, fuochi e luminarie, tanto per far vedere che è proprio vero che «chi muore giace e chi vive si dà pace.» Il palio dei barberi, veduto dal terrazzino del Prato La regina fu molto biasimata per avere sospeso il lutto, onde sfoggiare vesti ricchissime in quelle feste; ma essa ne fece pronta ammenda, riprendendo il lutto appena terminate: e per dar sempre più nel genio ai parrucconi che l’attorniavano, e fare impressione sul clero e su tutti gli abatucoli mondani e i farisei che bazzicavano a corte, si recò, a guisa di volontaria espiazione, a visitare il monastero di Vallombrosa, l’eremo di Camaldoli e il sacro monte della Verna, conducendo seco il conte Salvatico, il bali Antinori, la duchessa Strozzi e la contessa Arrighetti.

Quest’atto della sovrana reggente intenerì i cuori di tutti i bigotti, che la sfruttavano con la scusa della religione e con l’orpello della virtù. Essi portavano ai sette cieli la mortificazione che Maria Luisa si era imposta recandosi in quei monasteri di frati, e di volere essa degnarsi di prender parte a tutte le loro funzioni e intervenire a coro, anche nelle ore di notte, sedendo accanto al padre provinciale!... E spinse la sua umiltà, poveretta, fino a volere abitare, tanto a Vallombrosa, che a Camaldoli e alla Verna, nello stesso quartiere del padre abate. Tant’è vero, che alla Verna c’è sempre una celletta e un’altra stanza dette «il quartiere della regina.» Desiderava proprio di levarsi la voglia della vita fratesca!... Perfino alla sua mensa volle che si assidessero il guardiano, il provinciale e il padre abate. E perchè questa mortificazione