Pagina:Gli epigrammi le satire, il Misogallo di Vittorio Alfieri (1903).djvu/134

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126 vittorio alfieri


PROSA SECONDA.

24 gennaio 1793.

Ragione dell’opera.

V.   Et hortaris me, ut historias scribam? Ut colligam tanta eorum scelera, a quibus etiam nunc obsidemur? Ut narrem quomodo, sublato Rege, foeda servorum Tyrannides incubuerit?


Cicero, ad Atticum, Lib. 14, ep. 16.


E tu mi esorti a scrivere storie? A raccogliere le scelleratezze, pur tante, di costoro, che tuttavia assediati ci tengono? A narrare in qual modo, tolto via il Re, la sozza tirannide degli schiavi sovra noi tutti piombasse?



Io non scriverò, certo, Storie, sì perchè niuna delle cose che io vedo, merita storia, sì perchè non sento in me quel carattere disappassionato, che necessario si reputa per veridicamente narrare,1 ancorchè io sia convinto appieno in me stesso, che l’uomo disappassionato non possa far cosa alcuna perfettamente. Voglio nondimeno supporre, che lo amore della verità divenendo la passione animatrice dello Storico, aggiuntavi la passione della gloria, lo venga a render perfetto nell’arte sua. Lascierò dunque ad altri l’impresa di storicamente narrare varî avvenimenti, di cui sono stato testimonio oculare in Francia, poichè non ho avuta io l’impossibilità di mirarli con occhio indifferente, benchè o nulla, o pochissimo, a toccarmi venissero, e ciò soltanto nel pecuniario interesse, al qual motivo (son certo) niuno di quanti mi avranno conosciuto, attribuirà l’indegnazione non vile, che questi miei scritti respirano.2 La sola passione del vero bene



  1. E volendo alle due addotte ragioni aggiungere una terza, direi: perchè, avvezzo da molti anni a dipingere gli uomini in poesia, quali potrebbero e dovrebbero essere, troppo mi farebbe ora stomaco il dipingerli quali sono, o quali erano almeno, pur troppo, i miei contemporanei.
  2. Vedasi in fine di questa prosa la nota con i brevissimi documenti spettanti i miei privati interessi in Francia. E ad essa si aggiunga per sopra più, che la principal ragione, per cui non ho voluto pubblicare in vita questa Operuccia, fu per l’appunto affinchè non venisse intitolata la vendetta d’una persona spogliata; e quindi una tal supposta passione nell’Autore, non venisse a togliere, ed a menomare la fede dovuta al libro, ed al vero. Che se pure a me lo dettò la vendetta, vendetta fu solo della contaminata, e tradita libertà.