Pagina:Gli epigrammi le satire, il Misogallo di Vittorio Alfieri (1903).djvu/141

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il misogallo 133


baglia, perch’ella osasse pur fare, e stipendiare la soldataglia, perch’ella lasciasse pur fare. Ma chi volesse una giusta misura del quanto poco osassero da principio costoro, e del quanto poco spontaneo, e terribile fosse allora il furore venale di quella plebe vilissima, la ricavi dalla umile, e sola vendetta eseguita allora contro al sopraccennato Arcivescovo fallitore Ministro. Già erano passati otto giorni dalla pubblicazione di quel fallimento parziale, quando il Re, dal mormorarne che se ne facea grandissimo, intimoritosi, indotto si era di togliergli il Ministero. Codesto Arcivescovo se ne rimaneva dunque avvilito, e privato, in una sua villa situata tra Parigi, e Versaglia, sotto gli occhi, e sotto la mano del Pubblico. Era incorso costui nell’odio dei buoni da prima con le violenze usate alle leggi, ed ai loro generosi difensori e Ministri. Era incorso dappoi nell’odio di tutti, con quel suo disleal fallimento. Qual vendetta ne fu dunque presa da quel popolo, che ora sì ferocemente e spoglia, ed uccide ogni giorno chiunque non pensa come i di lui pagatori? Il nostro solenne Arcivescovo, con le usate stolide plebee derisioni, in sulla piazza di Greves fu arso, ma in un fantoccio di paglia, non attentandosi alcuno di cercare, ed estrarre dalla sua prossima villa il vero fantoccio di ossa, e di arderlo effettivamente. Allora dunque, o umanissimo era quel popolo, o codardissimo. Umano non era, poichè in appresso lo ha dimostrato, e va tuttavia dimostrandolo, con tante crudeltà volontarie inaudite ed inutili. Era dunque allora quel popolo e schiavo, e muto, e crudele, e codardo: o tale almeno con sì fatta maestria fingevasi, che ci si sarebbe ingannato ciascuno.

Ma vediamo oramai quali fossero i primi vagiti della francese licenza. Nell’aprile del 1789, una sollevazione del sobborgo di S. Antonio mandò a fuoco, e a sacco la casa, e manifattura di un Reveillon, cartaio di parati, assai ricco, ed in credito. La sanguinosa disparità delle opinioni non aveva ancora divisa la città: quell’uomo era conosciuto per onesto da tutti, e da’ suoi lavoratori amatissimo; non era sospetto al Governo, nè ai nemici di esso, non contrario in nulla a nessuno; non potente, non raggiratore; nessuna in somma delle cose era in lui, che vagliono a muover l’ira, o l’odio, o la vendetta di un pubblico. Quel tumulto contro un tal uomo, era dunque manifestamente un’esperienza di ribellione, comandata, e pagata da quei faziosi che disponevansi, dopo la imminente apertura degli Stati Generali, ad eseguire delle ben altre violenze. Motore e pagatore di questa atrocità vile si era il Duca di Orleans, per mezzo degli infami raggiratori, che per lui, o sotto il di lui nome, operavano. Fu eseguita questa esperienza, per assaggiar l’obedienza, e la fedeltà de’ soldati regi; e già da quel giorno si conobbe