Pagina:Gli epigrammi le satire, il Misogallo di Vittorio Alfieri (1903).djvu/40

Da Wikisource.
32 vittorio alfieri


CII.

......... 1798.

In Campidoglio un teschio di cavallo
Scavato, preconizza
Quel gran popol che eccelso un dì farallo.
Così in Monmartre, colle parigino,
Fama è che sotto un asse
Di sughero impietrito si trovasse
(E il credo, affè, poich’ei sì ben patrizza
Questo gran popol, che tutti organizza)
Un teschione asinino.

CIII.

......... 1798.

Du’ avvocati, due medici e un chirurgo,
Rimestati, cucinati,
Mascherati ed impepati
Con lo sterco di Licurgo,
N’esce un Coso chiamato il Direttorio,
Il qual poi, se appien non è
Più vigliacco e reo d’un re,
Ch’io non mi chiami, affè, mai più Vittorio.

CIV.

......... 1798.

Di libertade il vero arbor son io;
Che in me, piantato da me stesso, io frutto.
Quindi, ove s’alza il vile arbor bastardo,
D’uopo fia l’apparente cader mio.
Ma, radicato forte, io già non tardo
A tornar su di butto:
E grata ai buoni sto benefi’ombra,
Ch’ogni aura rozza sgombra;
Terrore e scorno al rio schiavo codardo.