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Pagina:Gli epigrammi le satire, il Misogallo di Vittorio Alfieri (1903).djvu/44

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36 vittorio alfieri


CXX.

Sotto una statua di Bruto.

Lasciai la spoglia, ma il furor non lasso,
E mi temano i re, benchè di sasso.

CXXI.

Contro l’esercito francese che distrusse il forte della Brunetta.

Le forti ròcche, cui nè prender mai,
Vili, col ferro, nè sapeste poscia
Difender mai dall’impeto nemico,
Fia l’atterrarle, o Galli, il meglio omai.
Così fra noi l’antico
Valor, ch’a voi già diè sì lunga angoscia,
Fia ridestato omai,
Che avrem ben altra aspra, indomabil ròcca:
L’odio mortal cui pregna anima sbocca.

CXXII.

Chi dai miei Bruti tien dissimil me,
O schiavo è in cuore, o re.

CXXIII.

Le Mosche e l’Api.

Favoletta allegorica.

....... 1789.

D’api un libero sciame
Industrioso e lieto
Se ne vivea felice:
Stuol di mosche inquieto,
A cui la fame — anco l’invidia accrebbe,
Un suo moscon per capo eletto s’ebbe;
E l’una sì gli dice:
— Noi siam pur tante!
L’api pochissime.
Ciò non ostante
Son potentissime.