Pagina:Gli epigrammi le satire, il Misogallo di Vittorio Alfieri (1903).djvu/89

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satire 81


Già navigo: e mi par tolta di dosso
Essermi tutta l’ammorbata Francia,
Che d’ira e tedio hammi smidollo ogni osso.
Ecco Dóver: si butta in mar la lancia:
Mi vi precipit’io fra i remiganti,
E il suol Britanno appien già mi disfrancia.
Dopo e voti e sospiri e passi tanti
Ti trovo e calco alfin, libera terra,
Cui son di Francia e Italia ignoti i pianti.
Qui leggi han regno, e niun le leggi atterra:
E ad ogni istante il frutto almo sen vede;
La ricchezza e lo stento non far guerra.
Il beato ben essere che eccede,
E il non veder mai là nulla di zoppo,
Fan ch’ivi l’uom sognar spesso si crede.
Nè il ciel di nebbie e di carbone intoppo
Dammi a letizia; che, se il fumo è molto,
Tanto è l’arrosto che fors’anco è troppo.
Uomini or veggio, ai fatti al par che al volto:
E, se i lor modi han soverchietto il peso,
Dal candor di lor alme ei mi vien tolto.
Più che il fossi mai stato, or dunque acceso
Son d’ogni uso Britannico: e m’irrita
Vieppiù il servaggio, onde il mio suol m’ha offeso.
Deh potess’io qui tutta trar mia vita!
Grida il giusto mio sdegno generoso,
Qual d’uom che liber’alma ha in sè nutrita.
Ma, per disciormi dal Tutore annoso,
Il già spirante omai mio quarto lustro
Vuol che in patria men torni frettoloso.
Sol di passo, in Olanda io m’impalustro;
Dove la industre libertade ammiro,
Per cui terra sì poca ha sì gran lustro.
Quindi l’Austriaco Belgio pingue miro:
Ma qui di Francia il puzzo già mi ammorba,
Tanto è Brussella di Parigi a tiro.
Eppur egli è mestier ch’io ancor mi sorba
Della schifosa Gallia altro gran squarcio,
Fiandra, Lorena, e Alsazia pur tropp’orba:
Poichè a dispetto di sua lingua marcio
E d’ogni suo costume e privilegio,
Soffre i Galli tiranni, e non fa squarcio.
Basilèa fa scordarmi il poter regio,
E così tutta Svizzera ch’io scorro;
Popolo ottuso sì, ma franco e egregio:


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