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la frusta teatrale 115


Sarà più cauto, avvertiti i limiti dell’animo sventato, lasciare alle sue biricchinate questo incorreggibile corteggiatore di giovani attrici.


6. - Il torinese gentile


Non so quanti ricordino che Giovanni Emanuel sperava dall’ex-impiegato dell’Amministrazione dei Telegrafi più un interprete che un brillante. Di questa dimenticanza non sarebbe equo attribuire tutta la colpa al pubblico.

In verità si direbbe che quasi sempre, dove Ferrerò dovrebbe essere brillante, unilaterale e scapato, facciano capolino qua e là i più composti desideri dell’attore; ma se poi per consolarsi egli osa affrontare l’interpretazione, non riusciamo a liberarci dalla figura spensierata e monotona che il suo ruolo gli imporrebbe. Solo a tale incertezza l’osservatore può far risalire la fortuna mediocre di questo comico che non è certo meno studioso e meno equilibrato di altri assai più in auge, e forse dotati meglio di lui soltanto per qualità meccaniche. E’ mancata al Ferrerò la capacità di decidersi con sicurezza di direttive, è mancata la costanza dello studio, la diligenza organica delle ricerche. Non vorremmo incolpare la sua incontentabilità, ma egli non ha evidentemente saputo trarne vantaggio.

Pareva che volesse prima definirsi come uno dei pochi attori italiani capaci di penetrare senza pedanteria e senza goffa caricatura io spirito delle pochades. Mentre Galli, Guasti, Sichel, ecc. speculavano sulle ardite malizie e sugli spunti equivoci, mentre Gandusio, con una bella felicità di doti fisiche, annullava la commedia e vi soprap-