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III


L’interpretazione


Silvio D’Amico ha voluto mostrarci con questo libro1 quante osservazioni assennate e quanti spunti felici uno spirito intelligente e garbato (non ancora libero da certi pregiudizi convenzionali) possa recare a difesa di una tesi sostanzialmente errata.

Per il D’Amico le conquiste dell’estetica crociana non sono accettabili; i generi letterati conservano la loro utilità e ubbidiscono ciascuno ad una propria precettistica; o almeno accanto a un’arte pura che crea liberamente esiste un’arte drammatica che «crea presupponendo, idealmente se non sempre materialmente, un’integrazione scenica»; la critica teatrale si deve distinguere da ogni altra critica e bisogna che consideri non l’opera d’arte in se stessa, ma l’opera d’arte riferita a un fatto che le resta esterno, a un fatto pratico di divulgazione.

Chi scrive è perfettamente convinto che all’estetica crociana si possano opporre serie obbiezioni, che alla teoria arte-intuizione-espressione si debba venir sostituendo

  1. Silvio D’Amico, Maschere. Roma-Milano, 1920.